Volume 13. Stampati - Varie pag. 629

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I tre Mesi di Maggio

Giorno decimoquarto

dissoluto compagno, che gli aveva fatto perdere l'innocenza, nel punto che l'infermo gli esprime il giubilo del cuore per essersi confessato, lo riprende con / {91} disprezzo, lo chiama vile, e dappoco, e di poco talento per avere aderito alle religiose richieste del Sacerdote, e aggiunte altre parole in disprezzo del Ministro del Signore, e in adulazione dei talenti dell'infermo, l'infermo non regge a tali assalti, ricade nell'errore sino al punto di dire: eh mi ha sorpreso, basta se torna io non lo ammetterò a discorso, e penserò come prima. Infatti tornato il Sacerdote, mentre si avvicinava al letto dell'Infermo sempre più aggravato, grida l'Infermo che se ne vada, lo chiama impostore, si dichiara ch'Egli non intende di avere fatta la sua confessione, e la ritrattazione di un giuramento indebito, grida, e torna a gridare che se ne vada: il Sacerdote prudentemente si ritira pel timore di non cagionare colla sua presenza che l'infermo divenga vittima delle sue strida. Ma oh terribile situazione del giovane! a misura che il Sacerdote si allontana dall'infermo, e dalla Camera vieppiù cade in ismanie di disperazione in guisa che nel gridare oh che pena! oh che Inferno, che pena che Inferno (senza più chiamare Iddio) resta morto nel punto che il Sacerdote giunge alla porta dell'abitazione dell'Infermo, che spirato lascia il suo cadavere deforme, nero, fetente da cagionare come cagionò alto stupore.
Tre Gloria Patri e Litanie. /